sabato 31 dicembre 2016

Dieci libri con cui incominciare il nuovo anno

Tra poche ore il 2016 potrà dirsi concluso ed ecco la lista dei miei 10 +1 libri preferiti letti quest’anno. Se non sapete con che libro iniziare il 2017 ecco alcuni consigli in ordine sparso.

 
"Dentro soffia il vento" di Francesca Diotallevi 
Romanzo italiano ambientato in un piccolo paesino valdostano dove gli abitanti di Saint Rhémy intrecciano le loro vite con la paura insensata nei confronti di Fiamma.




"La morte del padre" di Karl Ove Knausgård 
Il primo di una serie di romanzi autobiografici incentrati sulla vita dello scrittore e sul rapporto con il padre alcolista. 


"Mucchio d'ossa" di Stephen King 
Opera poco conosciuta dell’illustre autore americano ma che a mio parere merita davvero tanto. Il protagonista, scrittore, tenta di rimettere insieme la sua carriera fuggendo dal passato. In una storia dove mistero, fantasia e odio si mescolano in un vortice di avvenimenti, è l’amore sconfinato verso sua moglie a fare da cardine. 


 "Norwegian Wood" di Haruki Murakami 
Divenuto ormai un cult della letteratura, questo romanzo è il racconto narrato in prima persona da Watanabe dei suoi anni universitari alla fine degli anni sessanta dove le rivolte giovanili dell’epoca fanno da sfondo alla storia tra lui, Naoko e Midori. 


"Mi chiamo Lucy Barton" di Elisabeth Strout 
Costretta a letto a causa di un intervento, Lucy ci parla da un ospedale newyorchese del suo rapporto con la madre. 



"I pesci non hanno gambe" di Jón Kalman Stefánsson e il seguito "Grande come l'universo"
Una storia famigliare che tocca diverse generazioni attraversando tutta l'Islanda 



"Infernalia" di Clive Barker 
Una raccolta di racconti horror scritti con maestria. C’è poco da dire, Barker è un genio. 


"Lo schiavista" di Paul Beatty
Romanzo ironico, satirico ma allo stesso tempo terribilmente reale. Il protagonista di questa storia è un nero che decide di riportare la segregazione razziale nel suo quartiere.


"Il bazar dei brutti sogni" di Stephen King
Raccolta di racconti del re del brivido che di horror hanno davvero poco. Dai generi più disparati, questo libro è una vera e propria chicca.


"Storie del barrio" di Bartolomé Seguì e Gabi Beltràn
Graphic-novel che narra la storia di Gabi in uno dei quartieri più malfamati di Palma di Maiorca, un'infanzia trascorsa tra furti e droga e di come sia riuscito a scappare da tutto questo. 

martedì 27 dicembre 2016

Ballando al buio di Karl Ove Knausgård

Vi consiglio un libro:

BALLANDO AL BUIO di Karl Ove Knausgård

Karl Ove Knausgård è uno scrittore norvegese nato a Oslo nel 1968. Al momento vive a Malmö (Svezia) insieme alla moglie svedese Linda Boström Knausgård e ai loro quattro figli.
Con il suo romanzo di debutto Ute av Verden ha vinto il Norwegian Critics Prize for Literature, anche se è grazie alla sua serie di libri autobiografici che è sbarcato all’estero diventando un fenomeno culturale di rilevanza mondiale.
My struggle, in italiano “La mia lotta”, è un’esalogia dove lo scrittore si mette a nudo in tutto e per tutto.  
In Italia è pubblicata dal 2014 da Feltrinelli Editore e tradotta da Margherità Podestà Heir.
È ancora in fase di pubblicazione, al momento in libreria troviamo i primi quattro titoli: La morte del padre (2014), Un uomo innamorato (2015), L’isola dell’infanzia (2015) e Ballando al buio (2016). Il quinto volume si chiamerà La pioggia deve cadere e probabilmente verrà pubblicato nella prima metà del 2017.

Salii la scala in due balzi, mi feci strada all’intero del locale e lì, come se si fosse trattata di un’apparizione, si stagliò davanti a me una ragazza.
Mi fermai.
Tutto dentro di me si fermò. Era bella, ma lo erano in tante, non era quello, erano gli occhi con cui mi guardava, erano scuri e colmi di una vita di cui volevo far parte. Non l’avevo mai vista prima.”

Karl Ove ha diciotto anni e ha appena terminato la scuola superiore. Dopo il divorzio dei genitori, decide di trasferirsi in un paesino nel nord della Norvegia poco distante da Finnsnes, dove lavora come insegnante nella scuola del paese.
Al suo arrivo in quello che sarà il suo appartamento per l’anno a venire, scopre una comunità unita e piena di relazioni, con tutti i relativi difetti dovuti alla vera e propria mancanza di vita privata.
L’inverno arriva e con questo le interminabili giornate con pochissime ore di luce. Karl Ove incomincia a sentirsi solo. Partecipa continuamente a feste dove quasi sempre finisce per ubriacarsi. Se già in quel momento non si sente propriamente soddisfatto della sua vita, è la sua attrazione per una ragazza molto più giovane di lui a mandarlo completamente in crisi.
Però mentre tutto intorno a lui prosegue inesorabilmente, alcune lettere lo riportano ai mesi prima che partisse, ai suoi amici, a suo padre, trasferitosi in un paesino ancora più a Nord di lui, a sua madre e a suo fratello Yngve.

La bellezza di questa serie è disarmante.
Leggere Ballando al buio dopo tanto tempo dall’ultimo volume L’isola dell’infanzia è come incontrare dopo tanti anni un vecchio amico.
Karl Ove è sincero, non ha peli sulla lingua, e questo rende tutto più più tagliente e crudo. Il suo stile di scrittura è particolare, fa moltissime divagazioni e non si vergogna di raccontare i suoi problemi, la sua vita e i suoi pensieri.
Ricorda quasi con nostalgia i mesi prima della partenza, quando recensiva dischi per un giornale locale e quanto l’opportunità di vivere da solo contasse tanto per lui, costretto a subire le regole di prigionia del padre.

In Ballando al buio si intravede anche il principio dell’alcolismo del padre. Dopo il divorzio non mancano le chiamate con la voce impastata, le numerose birre scolate davanti al frigo giusto per ubriacarsi e i continui tentativi di rimediare agli sbagli compiuti nei confronti dei due figli.
Questo volume a mio parere è superiore al precedente, tuttavia non ai livelli del secondo o del primo.

Parola di lettore.


lunedì 19 dicembre 2016

Storie del Barrio di Bartolomè Seguì e Gabi Beltran


STORIE DEL BARRIO di Bartolomè Seguì e Gabi Beltran

Storie del Barrio” è una graphic novel uscita nel 2011 col titolo originale Historias del barrio, frutto della collaborazione tra Bartolomé Seguí e Gabi Beltrán, protagonista di quest’opera autobiografica.
Entrambi hanno alle spalle anni di lavoro e un forte legame con il luogo dove è ambientata la storia, ossia la città di Palma di Maiorca. L’illustratore di quest’opera, Bartolomé Seguí, nacque a Palma di Maiorca nel 1962, e come per Gabi Beltrán, questa città ha segnato anche la sua vita.
Storie del barrio” ha ricevuto numerosissimi riconoscimenti, prima in Spagna poi nel resto dell’Europa. Il più significativo è senz’altro il premio “Palma di Maiorca 2011” come miglior fumetto dell’anno.
In Italia questa storia è pubblicata da Tunuè e tradotta da Diego Fiocco. Fa parte della collana Prospero’s Books e conta trecentoquattro pagine a colori.

Mio padre ha trovato nell’alcool quello che non ha incontrato nella vita. In realtà, mio padre non era mio padre, e quella, d’altronde, non era vita. Usciva di casa alle sei di mattina, per tornare alle undici passate. E raramente tornava sobrio.

Mio padre faceva il pittore. Lavorava sopra i ponteggi. A volte, se aveva fortuna, pitturava gli interni.

Mio padre soffriva di vertigini.”

Ricevuto inaspettatamente un paio di settimane fa dalla casa editrice in questione, “Storie del Barrio” è stato per me un regalo di natale anticipato.
All’inizio non avevo idea di come approcciarmi ad una storia così delicata e personale, e questo è il meglio che sono riuscito a fare.

Come detto poco fa, quest’opera è l’autobiografia di Gabi Beltrán. Narra degli anni della sua adolescenza trascorsa nella parte più brutta e pericolosa di Palma de Maiorca, dove fin da piccoli si impara a rapinare negozi, rubare macchine e pagare i propri errori con la propria pelle.
Qui il protagonista fa amicizia con molti ragazzi più grande di lui, anche se in quelle condizioni non bisogna giudicare in base all’età; tutti nel “quartiere” erano obbligati a cresce in fretta, altrimenti l’alternativa era orribile. Gabi impara a rubare, a fare il palo e a non mostrare paura quando ci si scontra con la banda rivale. Però, mentre tutto attorno a lui continua ad andare avanti inesorabilmente, capisce che non si sente parte di quel mondo che rema contro di lui e ai suoi sogni.
L’autore finisce con raccontarci di come le sue paure continuino a tormentarlo ancora oggi dopo tanti anni, di come la sua vita è stata a cavallo tra il male e il bene e lui è riuscito a lasciarsi tutto alle spalle.

Una delle caratteristiche salienti del romanzo è senz’altro la sensazione di bilico tra bene e male. Il protagonista, neanche maggiorenne, è fondamentalmente un bravo ragazzo che a contrario di altri suoi amici non vuole fare del male a nessuno Nonostante questo, però, viene trascinato in certe situazioni in cui non può fare a meno di imitare gli altri. 

Detesta quella che è la sua vita lì, infatti crede che sia proprio la compagnia e quello che ormai per loro è diventato normalità ad essere sbagliato. È giovane, senza neanche un soldo e non sa dove andare. È proprio la sua nuova amica che conosce da pochissimo tempo a convincerlo a rimettersi in carreggiata e scegliere quella che sarà poi la sua vita, lasciandosi alle spalle una famiglia disastrata che lo ha sempre rinnegato e una vita triste, all'insegna dei crimini e della droga. Perché lui, a differenza di molti altri suoi amici è sopravvissuto a quel luogo e di questo ne sarà sempre infinitamente grato a se stesso.
È una graphic novel cruda e spietata, sia nelle parole che nei disegni. Il vero e proprio fumetto si alterna con parti scritte, dove le descrizioni sono ermetiche, incise e crude. I due autori hanno fatto un ottimo lavoro, e Gabi ha avuto davvero un gran coraggio per mettersi a nudo e a denunciare quello che erano alcuni quartieri di Palma di Maiorca negli anni ottanta

Parola di lettore. 
 

domenica 11 dicembre 2016

Terreni di Oddný Eir Ævarsdóttir

Vi consiglio un libro:

TERRENI di Oddný Eir Ævarsdóttir

Oddný Eir Ævarsdóttir è una scrittrice islandese nata nel 1972. Si è laureata all’università Sorbona di Parigi e oltre ad essere scrittrice, gestisce assieme al fratello Uggi Ævarsson la casa editrice Apaflasa e uno spazio d’arte contemporanea tra New York e Reykjavik. Ha inoltre collaborato con l’artista Bjork (a sua volta islandese) in Vulnicura e in un particolare progetto della cantante per la salvaguardia naturale chiamato Biophilia. L’opera in questione dal titolo originale Jarðnæði è il suo terzo scritto autobiografico e oltre ad aver vinto nel 2012 l’Icelandic Women’s Literature Prize, ha ricevuto anche l’importante nomina all’Icelandic Literary Award 2011.
Terreni è sbarcato in Italia nel 2016 pubblicato da Safarà Editore con la traduzione di Silvia Cosimini.

È strano essere di nuovo a casa. È un sollievo, però allo stesso tempo provo ancora un po’ di nostalgia. Devo cercare di sistemarmi e trovare casa, ma alle mie condizioni. Probabilmente da sola. Forse potrei tenere un cane. Peccato che sia così difficile viaggiare oltreoceano con i cani. Li mettono in stiva? L’amore è cieco, e non è il solo ad esserlo. Mi sento come se mi avessero coperto gli occhi con una benda. Libererò di questa benda, ci scriverò sopra, al chiarore dell’alba. Il sole rinasce.”

L’opera autobiografica in questione conta duecentoquaranta pagine ed è scritta sotto forma di diario. Narra di una donna che per diversi anni ha vagato per l’Europa e ad un certo punto decide di tornare nella sua terra natale, l’Islanda, per trovare delle risposte a quesiti divenuti ormai parte di lei in un tempo di crisi.
La storia è scritta su due livelli, a mio avviso molto importanti. Il primo livello riguarda la quotidianità della protagonista, la sua vita accanto al fratello Ugli e il suo compagno Fugli. Racconta della sua volontà di sistemarsi, di costruire una casa dove mettere famiglia assieme alle due persone in assoluto a cui è più legata. Mentre l’altro livello riguarda la sua conoscenza storico-letteraria, infatti per tutto il testo vengono citati romanzi, saghe e poesie di autori appartenenti alla cultura islandese.
Mi ha colpito particolarmente un quesito che l’autrice si pone che a mio parere è pieno di significato ovvero: è possibile convivere e provare intimità e affetto mantenendosi comunque relativamente distanti e autosufficienti? La donna si interroga più volte riguardo a questa domanda in quanto lei, studiosa, ha bisogno di calma per scrivere e lavorare, cosa che ammette di non riuscire a fare quando qualcuno in casa è teso per qualunque motivo. D’altro canto è spaventata di una convivenza a tutti gli effetti, dei propri spazi che si riducono, che col il tempo diventano inevitabilmente anche dell’altro. 
 
La prefazione del libro scritta da Massimiliano Bampi è senz’altro degna di nota. L'Islanda è un’isola con poco più di trecento mila abitanti ma con artisti in quantità e soprattutto di qualità. Soltanto nel panorama letterario basti pensare a Halldór Laxness, Jón Kalman Stefánsson, Gunnar Gunnarsson o proprio la scrittrice stessa di quest’opera, Oddný Eir Ævarsdóttir, senz’altro uno dei nomi più importanti della letteratura contemporanea dell’isola.

Detto questo, mi sento di ritornare sulle mie parole. Terreni è molto di più di un romanzo autobiografico. È la ricerca di se stessi, la dura ricerca di un luogo dove vivere la propria vita felici, di un terreno fertile da coltivare.
Vi lascio augurandovi buona lettura con alcuni versi di una poesia di Kristján Jónsson Fjallaskáld citata nelle ultime pagine dell’opera:

Sull’artico deserto d’arena,
Solo di notte io vago,
Ormai svanita è la regione del Nord,
Ormai non ho più casa.

Parola di lettore.


lunedì 5 dicembre 2016

Dentro soffia il vento di Francesca Diotallevi

Vi consiglio un libro:

DENTRO SOFFIA IL VENTO di Francesca Diotallevi

Francesca Diotallevi è una scrittrice italiana milanese classe '85 laureata in scienze dei beni culturali. “Dentro soffia il vento” è un sua opera pubblicata da Neri Pozza Editore nonché vincitrice del Premio Neri Pozza – fondazione Pini – circolo dei lettori.
Oltre al prequel di questo romanzo “Le grand diable” pubblicato esclusivamente in ebook, troviamo in libreria l’opera d'esordio “Le stanze buie” (Ugo Mursia Editore, 2013) e “Amadeo Je t'aime” (Mondadori Elceta storie, 2015).

È da poco finita la prima guerra mondiale, ci troviamo in una valle valdostana. Don Agape, partito da Roma per risolvere la sua crisi di vocazione, arriva nel comune di Saint Rhémy.
Qui conosce padre Jaques, che non può fare a meno di mostrarsi scocciato e scontroso verso lo sconosciuto, qualità che il don nota essere cementata anche nel resto della comunità. In poco tempo fa conoscenza con tutta la popolazione, in particolar modo con il maestro Lucien, sua moglie, e la famiglia Rosset; a tal proposito si ritrova a parlare con Yann, il fratello del defunto Raphaël, con il quale avvista a poca distanza una figura dal colore rosso, che don Agape scambia innocuamente per una volpe ma che in realtà è una ragazza di nome Fiamma. Rimane particolarmente colpito dallo sguardo di Yann nei confronti di questa. Infatti sembra al contempo attratto e disgustato. È una valanga a riportare in vita vecchi accadimenti, ed è compito di don Agape tenere insieme la comunità, già da tempo sfaldata.

Dentro soffia il vento” è diviso in capitoli narrati dal punto di vista dei tre personaggi principali: don Agape, Yann e Fiamma.
Assieme a Fiamma, la ragazza considerata dal resto della popolazione una strega da temere e da cui stare lontano, don Agape è colui che al suo arrivo smuove la tranquillità di Saint Rhémy. Rappresenta la figura del riscatto, un uomo che nonostante la sua fede vacillante ha deciso di lasciare il suo nido e partire per un posto sperduto dove poter creare una sua comunità. Nel borgo di Saint Rhémy non trova però quello che si aspettava, ma molto di più. Con una forza di volontà da ammirare, alla fine riesce a riunire tutta la popolazione e fare venire a galla e risolvere vecchi problemi che inevitabilmente stravolgevano ancora il quotidiano.
L’autrice, giovanissima, sa scrivere e lo fa divinamente, facendo arrivare il lettore a fine romanzo in un batter d’occhio. Anche qui, come nei migliori romanzi, si crea un legame tra lettore e personaggi, in particolar modo viene a crearsi un’empatia nei confronti di Fiamma. È un romanzo sotto certi aspetti crudele e spietato verso i personaggi, dove in appena duecentoventi pagine si crea un intreccio di paura, attrazione, e religione. Sono questi elementi ad incrociarsi in un’ambientazione rurale, dando così vita ad una storia mai vista prima d’ora.

Libro consigliatissimo,
Parola di Lettore.


lunedì 28 novembre 2016

L'isola dell'infanzia di Karl Ove Knausgård

Vi consiglio un libro:


L’ISOLA DELL’INFANZIA di Karl Ove Knausgård.


Karl Ove Knausgård è uno scrittore norvegese nato ad Oslo nel 1968. Nel 1998, con il suo romanzo di debutto “Ute av verden” (in Italiano Fuori dal mondo, inedito in Italia), vince il Norwegian Critics Prize for Literature, primo caso d’assegnazione del premio norvegese ad un debuttante. Nel 2009 pubblica una serie di sei libri autobiografici in cui si mette a nudo raccontando la storia della propria vita. Nel 2014, La Feltrinelli acquista i diritti per l’intera esalogia e la pubblica riscuotendo un grande successo. Ad oggi, la serie autobiografica di Karl Ove Knasugård è ancora in fase di pubblicazione: troviamo in libreria solamente i primi quattro capitoli: La morte del padre (2014), Un uomo innamorato (2015), L’isola dell’infanzia (2015), e Ballando al buio (2016).

Terzo libro dell’esalogia dello scrittore norvegese, L’isola dell’infanzia è edito da Feltrinelli Editore e tradotto da Margherita Podestà Heir.


Il mondo era qualcosa sulla cui cima io camminavo, era impenetrabile e duro, impossibile precipitare, anche se poteva sollevarsi fino a diventare una ripida parete rocciosa o cadere in valli profonde. In fondo sapevo che era così, ma non lo avevo mai percepito prima: quella sulla cui camminavo era una superficie.”


Quando la sua famiglia si trasferisce in una piccola isola della Norvegia meridionale con poche centinaia di persone, Karl Ove non sa ancora parlare. Si stabiliscono in una zona residenziale e crescendo Karl Ove lega con altri bambini, tra questi stringe una profonda amicizia con Geir. Intanto, a causa di alcuni episodi accresce dentro di lui la paura e l’odio verso il padre. Questi sentimenti, che diventano il fulcro principale del romanzo, faranno si che una quarantina d'anni dopo, lo scrittore scriva la sua storia in più di tremila pagine. Come aveva ampiamente descritto nel primo libro, la paura è ben motivata. In ogni attività che il protagonista svolge con il padre, difficilmente riesce a non sembrare scosso ed impaurito. Lo stesso padre che lo porta in un negozio di musica e con cui va a sciare lo chiama checca quando non riesce ad imparare a nuotare, creandogli grande confusione. Per questo, rivolge tutte le attenzioni alla madre, completamente diversa rispetto al marito. Cresciuto Knausgård ci racconta del suo periodo ribelle, del suo primo approccio vero e proprio alla musica avvenuto grazie al fratello, e alle sue prime cotte amorose. Narra della musica che ascoltava, i Wings e i Beatles, ma anche alcuni gruppi punk della capitale norvegese. Risolve il problema del padre evitandolo il più possibile, ma un giorno viene a sapere che la madre è obbligata a partecipare ad un corso ad Oslo, quindi per qualche mese dovrà assentarsi da casa. Supera questo ostacolo con non poca fatica, passando uno dei periodi più brutti della sua infanzia, e quando scopre che suo padre, di professione insegnante, dovrà anche lui recarsi fuori città per qualcosa di simile, è più felice che mai. Con la sua mancanza, le regole dettate diventano meno rigide e così anche il suo umore.



Come detto poco fa, a mio avviso Karl Ove è spaventato non solo dall’atteggiamento del padre, ma anche della sua imprevedibilità. Ha paura quando è presente, ma anche quando è a lavorare o in città; non appena sente i suoi passi provenire da dietro si drizza all’istante, terrorizzato da quella figura che non riesce neanche minimamente a comprendere. Sviluppa infatti un rapporto più profondo con la madre, che nonostante abbia sposato una persona così imprevedibile e violenta, si rivela essere l'esatto opposto.
Purtroppo a mio avviso, L’isola dell’infanzia è più debole rispetto ai precedenti volumi. La morte del padre e Un uomo innamorato, avevano del mordente che è mancato a questo romanzo oltre alla totale mancanza di un punto di arrivo. Nel primo libro La morte del padre il punto cardine è effettivamente il momento in cui suo padre muore e tutto quello che comporta; in Un uomo innamorato il cambiamento radicale della sua vita da Tonje a Linda, dalla Norvegia alla Svezia. Nel terzo volume, invece, si parla solo della sua infanzia, in modo forse troppo approfondito. Tuttavia ho apprezzato le descrizioni della Norvegia meridionale e dei momenti ricreati come solo un grande scrittore riesce a fare.


Quanto al quarto volume Ballando al buio, nutro grandi aspettative; da quello che ho letto in rete si prospetta un capitolo molto più interessante e avvincente.

La lotta scritta da Knausgård, rimane a mio parere uno dei casi letterari più interessanti degli ultimi anni, e così vi invito alla sua lettura.


Alla prossima recensione,

Parola di lettore.

martedì 22 novembre 2016

I HAVE NO DREAM – Paul Beatty alla Triennale di Milano

I HAVE NO DREAM – Paul Beatty a Milano

Domenica 20/11 ho partecipato alla presentazione de “Lo schiavista” dello scrittore americano Paul Beatty edito da Fazi.

Ecco un breve time-lapse della mia giornata:

Reduce da una mattinata di viaggio su un vecchio treno dai sedili sgualciti che sussultava in continuazione, arrivare a Milano per me è stato un enorme sollievo. La Triennale quel giorno – come per tutta la durata dell'iniziativa Milano Book City 2016 – era piena di gente. Dopo un pasto “alla milanese” fatto a cavallo delle 14:00, sono andato nella Saletta Lab, dove già una decina di persone erano in attesa dell'inizio della presentazione.

Alla conferenza, tra pubblico a sedere - me compreso - e persone in piedi ai margini della stanza, eravamo forse una settantina e nonostante l'atmosfera intima, l'accoglienza data all'autore è stata davvero calorosa.
La presentazione è incominciata con la lettura dell'incipit del libro e con una analisi breve del testo. Oltre a Paul e al suo traduttore simultaneo Thomas Fazi, presenziavano la traduttrice del libro Silvia Castoldi, Fabio Deotto e Lara Ricci i quali oltre a presentare il libro e a coordinare l'evento, hanno dato vita ad un vero e proprio dibattito molto interessante su cosa significasse per lo scrittore essere nero in un'America governata da Trump.
Lo scrittore ha risposto ampiamente alle domande dei due presentatori, spesso prolungandosi a raccontarci situazioni vissute nell'arco della sua vita. Dall'affermazione “ci sono troppi messicani” di un suo amico messicano e del significato dietro a questo, a quando, l'autore ricorda, da giovane doveva andare a trovare la sua ragazza in un altro quartiere e la polizia glielo vietò in quanto i due quartieri erano capitanati da bande rivali.

A Paul Beatty interessa raccontare soprattutto di quei segmenti di California rurale che persino molti californiani non conoscono, dove la pastorizia e l'agricoltura sono ancora i capisaldi dell'economia del luogo e la gente è solita spostarsi a cavallo.

La presentazione de “lo schiavista” si conclude con la lettura da parte della traduttrice di un pezzo delle ultime pagine del libro alquanto utile a comprendere lo stile utilizzato dello scrittore.

Seduto qui sugli scalini d’ingresso della Corte Suprema, a fumare erba sotto il motto «UGUAGLIANZA DI FRONTE ALLA LEGGE», fissando le stelle, ho finalmente capito cosa c’è che non va in Washington D.C. È che tutti gli edifici sono più o meno della stessa altezza, e non esiste nessuna skyline a eccezione del monumento a Washington, che tocca il cielo notturno come un gigantesco dito medio mostrato al mondo.”

A evento terminato Paul Beatty si è prestato a parlare con i presenti, rispondere a domande, fare foto e firmare i libri, rivelandosi così non solo un grande scrittore ma anche una persona cortese e alla mano. 


Clicca QUI per leggere l'incipit del libro 

domenica 20 novembre 2016

Guna di G. Masi e Nigraz

GUNA di Giovanni Masi e Nigraz

Pubblicata pochi giorni fa da Nicola Pesce editore, Guna è una graphic novel frutto della collaborazione tra lo sceneggiatore di fumetti Giovanni Masi e l’illustratore Simone Pontieri, in arte Nigraz.



Isolati all’interno di una foresta a causa di un conflitto di cui non sappiamo nulla, la comunità di un circo si trova a dover fare i conti con la convivenza forzata. Tra circensi e animali da circo, spuntano litigi, dissapori e contrasti. 

Il titolo dell’opera, Guna, prende il nome dall’omonima scimmia di proprietà di un giovane circense cieco, la quale è anche la protagonista indiscussa dell’opera. La storia si adegua ai suoi impeti, al suo istinto, ed è attraverso di lei che i lettori e i personaggi di questa stravagante storia vivono i dieci mondi della filosofia buddista: inferno, avidità, animalità, collera, umanità, estasi, studio, realizzazione, bodhisattva, e illuminazione. Si creano così vari spezzoni lungo la storia, partendo dal primo mondo più negativo, l'inferno, fino ad arrivare all’illuminazione, il mondo più positivo e desiderabile.

Inviatomi gentilmente in ebook pochi giorni prima dell'uscita ufficiale, Guna è stata per me una piacevole sorpresa. Non è solo la storia di un circo isolato in mezzo alla foresta, ma molto di più: è un viaggio di scoperta della natura umana, tramite tutte le fasi del mondo della filosofia buddista. 
Attraverso le parole e le frasi dello scrittore Giovanni Masi, ci ritroveremo dentro a Guna, la scimmietta da cui prende il nome il fumetto, e con lei proveremo qualsiasi tipo di emozione. Sarà infatti lei stessa la nostra guida all'interno del racconto, a narrarci i rapporti tra i personaggi, tra natura e uomo, e tra uomo e natura, due rapporti spesso confusi ma decisamente distanti l'uno dall'altro. 
Grazie alla combinazione del tratto e i colori di Nigraz, con l'aiuto della narrazione di Masi comprendiamo la brillantezza di questo fumetto - che non si limita ad essere un piacevole oggetto di distrazione dalla routine quotidiana ma molto di più. 

Consigliatissimo,
parola di lettore. 




 

domenica 13 novembre 2016

Fine turno di Stephen King

Vi consiglio un libro:

FINE TURNO di Stephen King

Stephen King è uno scrittore americano classe '47 originario del Maine che vanta una lunga e prolifica carriera. Autore di storie divenute cult del cinema e della letteratura, è la mente che ha partorito opere del calibro di Shining, Stand by Me, It, e Il miglio verde.
Ad oggi, vive tra la Florida e il Maine assieme a sua moglie Tabitha dalla quale ha avuto due figli maschi Joseph Hillstrom e Owen, e la figlia Naomi Rachel. Ha ricevuto un’infinità di premi, tra cui la National Medal of Arts nel settembre del 2015 conferita dall'ormai ex presidente Obama in persona.
Parte dei suoi lavori sono editi in Italia da Sperling&Kupfer.
Fine turno è il terzo capitolo di una trilogia incentrata sulle avventure del detective Bill Hodges iniziata con Mr. Mercedes e proseguita con Chi perde paga. Questa, come la maggior parte degli ultimi lavori dello scrittore, è tradotta da Giovanni Arduino.

Tutto incomincia In Mr. Mercedes, quando Hodges è da poco in pensione e passa le giornate libere a deprimersi e a rattristirsi con il pensiero della carriera terminata. Annoiato, scopre un sito dove un certo Brady lo contatta con l'obbiettivo di portarlo al suicidio. Hodges fa ricorso quindi a tutti i suoi strumenti possibili, e oltre a combattere la sua depressione, tenta di risolvere assieme a Jerome e Holly il caso già andato nel dimenticatoio ed evitare così che Brady, l'assassino che tempo prima era andato a schiantarsi su una folla con una Mercedes, possa compiere un altro attentato simile, questa volta tentando di portare una bomba dentro ad un palazzetto gremito di ragazzine.

Chi perde paga è il secondo volume. Dopo che Holly, l'amica di Hodges gli ha spappolato la testa prima che potesse farsi esplodere dentro al palazzetto, Brady entra in stato vegetativo, e per un po' vive delle sole visite quotidiane dei dottori e di Hodges, che nutre un enorme senso di colpa.
Questa volta il detective deve fronteggiare Morris Bellamy, seguace accanito di uno scrittore che lui stesso uccide e deruba dei taccuini contenenti nuove storie, i quali verranno ritrovati anni dopo da un ragazzo di nome Peter Saubers. Anche se Brady in questo romanzo non ha nessun compito e il libro si potrebbe leggere separatamente dal resto della saga, Stephen King fa tornare tutto. Dalle prime pagine si scopre che il padre di Peter Saubers, è una delle tante persone rimaste ferite nell'incidente della Mercedes.

In Fine turno il detective Bill Hodges, ormai in pensione da tempo e addolorato dagli acciacchi legati alla vecchia che diventano sempre più problematici, si trova alle prese con una serie di suicidi che lo portano a dubitare di Brady. È l’amica e collega Holly a mettergli per prima la pulce nell’orecchio.
Attraverso una serie di sfortunate coincidenze, Brady al suo risveglio dallo stato vegetativo si ritrova in un corpo da buttare ma con una mente stranamente rinvigorita e scopre di possedere delle doti paranormali, che una volta allenate, gli permettono di entrare nel cervello di chi vuole lui e di compiere qualunque cosa. Così attraverso questi poteri e ad un piano malefico, riesce a controllare le menti della maggior parte delle ragazzine che tempo prima erano scampate alla sua bomba. La Finders Keepers, formata da Holly Gibney, Hodges e Jerome, deve quindi impedire che Brady riesca a mietere altre vittime.
Dal finale strappalacrime e mozzafiato, Fine turno è una corsa al cardiopalma contro la morte.

Ci troviamo davanti ad una storia diversa da tutto quello a cui i fedeli lettori di King sono abituati, questa trilogia infatti non ha nulla a che vedere con romanzi quali It, Misery o i recenti Revival e 22/11/'63.
King come è solito fare di tanto in tanto, si reinventa; In questo caso ha sperimentato il giallo hard-boiled e anche se il primo volume non mi aveva convinto più di tanto, a parer mio è con Chi perde paga e Fine turno che lo scrittore è riuscito a dare il meglio di sé.
Solo grazie alla voglia e alla sua necessità di ampliare i suoi orizzonti senza però snaturarsi, di espandersi a generi che raramente ha toccato prima d'ora, è riuscito ad arrivare a essere la figura che è attualmente per i suoi estimatori provenienti da tutto il mondo.
Nonostante la storia sia una novità per i lettori più fedeli, nell'ultimo volume King aggiunge un fattore paranormale alla storia, i poteri di Brady, i quali ci faranno sicuramente ricordare Carrie e L'incendiaria.
Ultimamente ho l'impressione di leggere parole provenienti da una mente più sicura di se e più matura, e anche i temi trattati sono più cupi e malinconici rispetto agli anni passati (si pensi al recente Revival).
Fine turno è indubbiamente scritto bene, tuttavia trovo che manchino le pagine piene di descrizioni a cui siamo abituati noi fedeli lettori.
Grazie al sito Stephen King Only sappiamo che fra un paio d'anni uscirà negli USA una serie televisiva tratta da questa saga con la regia di Jack Bender (regista e produttore esecutivo di Lost e Under the Dome). Sarà Brendan Gleeson ad interpretare il detective Bill Hodges, mentre per quanto riguarda il personaggio di Brady, la parte venne in passato assegnata al defunto Anton Yelchin e passata poi nelle mani di Harry Treadaway.