Vi
consiglio un libro:
I
PESCI NON HANNO GAMBE di J.
K. Stefánsson.
Jón
Kalman Stefánsson è uno scrittore islandese nato a Reykjavík nel
1963. Prima di dedicarsi a tempo pieno alla scrittura, ha insegnato
in alcune scuole superiori e ha scritto diversi articoli per un
giornale locale. Dopo
aver vissuto
alcuni anni in
Danimarca, ha fatto ritorno in patria lavorando come bibliotecario in
una cittadina distante una ventina di chilometri dalla capitale. Ha
debuttato nel mondo dell’editoria con
tre libri di poesia per poi dedicarsi alla narrativa, dove ha
riscosso un
grande successo che
gli ha permesso la
vittoria del Premio Islandese della Letteratura nel 2005 con Luce
d’estate ed è subito notte. Oggi,
parte delle sue opere sono pubblicate per Iperborea e tradotte da
Silvia Cosimini. I
pesci non hanno gambe, pubblicato per la prima volta in
Italia nel 2015, è
il primo romanzo di un dittico che vede al seguito Grande
come l’universo, di
recente pubblicazione (2016).
“Da
qui si vede bene il porto, il suo vuoto spalancato e senza speranze,
come se fosse caduto di mano a qualche dio che poi l’ha
dimenticato. Tre vecchi marinai se ne stanno in piedi all’estremità
del pontile, da dove vedono meglio l’oceano, le mani abbandonate
lungo i fianchi, vuote, inattive, e guardano l’unico peschereccio
che oggi rientra. Vado a prendere il binocolo in macchina, lo porto
agli occhi, c’è un accenno di amarezza o di pena nei loro volti –
quasi fossero scesi al molo per controllare se gli anni spariti siano
stati ripescati nelle reti.”
I
pesci non hanno gambe è una storia famigliare che si svolge a
cavallo di tre generazioni in due punti opposti dell'Islanda.
Keflavík, una cittadina industriale nel sudovest dell'isola, e il
Norðfjörður, una piccola località del nord-est. Il narratore ci
parla di Ari, che un giorno decide di mandare all’aria il
matrimonio e scappare in Danimarca, e dei suoi nonni Margrét e
Oddur, che molti anni prima si erano conosciuti sulle rive del
Norðfjörður, dove al tempo del racconto si viveva quasi
esclusivamente di pesca.
Come
sua nonna, che dopo alcuni anni passati lontano dall'isola
aveva fatto ritorno e si era innamorata di Oddur, anche Ari, stanco
della sua vita in Danimarca e soffocato dai rimorsi, decide di tornare a
casa. Si da appuntamento con il narratore in un hotel a
Keflavík, dove assieme ad una modesta quantità d’alcol vomita
fuori tutti i ricordi e le emozioni che per tanto tempo aveva cercato
di soffocare. Queste due storie, che vengono raccontate dal narratore
attraverso un'alternanza di presente e passato, orbitano attorno alle
stesse emozioni: l'amore per la propria donna e quello contrastante per la propria terra.
La
cosa che salta subito all’occhio leggendo le prime pagine del libro
è
il particolare timbro
che caratterizza la scrittura dell'autore. Stefánsson scrive e parla
come un poeta, utilizzando frasi ermetiche che rimandano ai periodi
descritti e agli ambienti che circondano le due storie. Le sue
descrizioni non sono solo dettagliate, ma anche poetiche e
musicali,
dipinte con i colori dell'Islanda
del Nord e quelli cupi e tristi di Keflavík,
dove come ci dirà l'autore, esistono tre punti cardinali: il vento,
il mare e l’eterno. In una terra che per migliaia di anni è stata
dura con i propri abitanti, dove la forza della natura è
onnipresente nelle vite di chi la abita, lo scrittore narra del
rapporto tra uomo e mare e tra uomo e poesia, un’arte
così bella che purtroppo al giorno d'oggi pare quasi scomparsa.
È
uno di quei libri che con le sue parole riesce a colmare il
vuoto che lui stesso crea. Traspare Keflavík e il Norðfjörður, la
pianura, la montagna e il mare, quell’enorme distesa d’acqua che
tanto da e tanto toglie. Attraverso le parole di questo strabiliante
autore, sembra proprio di essere su un peschereccio nel Norðfjörður
con Oddur oppure assieme ad Ari in un albergo nella cadente Keflavík.
A mio parere la scrittura dell'autore ha subito forti contaminazioni
dovute ai primi scritti poetici, tanto da rendere un romanzo di
trecentosettanta pagine, una lunga e unica poesia.
I
pesci non hanno gambe è stato il primo romanzo che ho letto di
questo scrittore islandese, e anche se inizialmente non è stato
facile abituarmi al suo particolare stile narrativo, trovo che sia
l'unico adatto per raccontare questa storia; se il suo obbiettivo era
rappresentare la sua terra e le sue persone, lo ha raggiunto.
È
una lettura importante, non propriamente leggera, ma che sicuramente
arricchirà l'anima di chi la legge.
Parola
di Lettore.
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