mercoledì 1 maggio 2019

Una scrittrice da tenere d'occhio e la sua «Isola».


L’incipit:
Volge le spalle agli alberi bassi del bosco artificiale e guarda giù dalla montagna, verso il villaggio, che è azzurro nella notte d’agosto, e le pecore, simili a pietre nell’erba mossa dal vento. Più in là dorme il mare.


Là dove dorme il mare comincia Isola, l’esordio letterario della scrittrice danese Siri Ranva Hjelm Jacobsen, classe 1980, pubblicato dalla casa editrice Iperborea con la traduzione di Maria Valeria D’Avino.

La voce narrante di questa delicata storia familiare è una ragazza di origini faroesi decisa a viaggiare nel luogo che sente più vicino a sé. Molla allora la sua agiata vita e raggiunge una delle minuscole isole che compongono l’arcipelago delle Fær Øer; lì si ritrova in un mondo isolato e difficile, dove l’acqua nera dell’oceano è tanto violenta da corrodere a vista d’occhio le scogliere a strapiombo, e dove il vento, onnipresente, pare in grado di sradicare dal suolo ogni tipo di costruzione.
È in questo scenario suggestivo che trapelano i ricordi e i fantasmi delle relazioni strette dalla sua famiglia: amori celati, amicizie, conflitti; legami così saldi da spingere una giovane donna a definire casa un luogo di cui ha sempre e solo sentito raccontare. In questo mondo si intrecciano le vicende che compongono le vite di Ragnar il Rosso, zia Beate, nonno Fritz e nonna Marita, delle generazioni precedenti a quella della protagonista, in una saga familiare che vede il suo susseguirsi in anni tesi e complessi come quelli del secondo conflitto mondiale e della successiva guerra fredda.

Isola è un romanzo scritto in una prosa essenziale, dolce e poetica: in un susseguirsi di sensazioni, dialoghi e descrizioni, la scrittrice modella un universo che sembra essere avvolto da un velo di nebbia, senza però risultare pomposa e tanto meno di difficile lettura.

Parola di lettore.