lunedì 29 maggio 2017

Quaderno di disciplina di Luigi Bernardi e Otto Gabos

Oggi voglio parlarvi di Quaderno di disciplina, opera pubblicata dalla casa editrice Tunué. È realizzata dalla collaborazione tra lo scrittore Luigi Bernardi e il disegnatore Otto Gabos. 

Luigi Bernardi, classe ’53, è stato un saggista, fumettista e scrittore italiano conosciuto anche per aver creato e diretto case editrici e diverse riviste.

Mario Rivelli, in arte Otto Gabos, è un fumettista nato a Cagliari nel 1962. Ha partecipato ai principali movimenti fumettistici, e dal 2005, insegna all’accademia delle Belle Arti di Bologna.

Un importante capo della mala racconta della sua vita e dei suoi figli attraverso un quaderno di appunti. Francesco e Francesca, tanto distanti a lui quanto vicini, provano ad amministrare il soldo sporco del padre e a mandare avanti la loro vita sapendo di esser nati e cresciuti a quello scopo. Le giornate trascorrono tra omicidi, soldi, banche svizzere e uno scagnozzo che indossa i Ray-Ban anche dieci metri sotto terra. Il padre, conscio della sua imminente fine, si prepara a lasciare il posto ai figli.

Quando ho visto Roger Federer colpire la pallina da tergo dopo che gli era passata fra le gambe, ho capito che niente è impossibile, che anche la fisica si piega alla volontà. L’universo non è quella materia rigida che ci aspettiamo, è plastilina rimodellabile a piacere.

Dal quaderno di appunti del personaggio principale costretto vivere sottoterra, nasce un bilancio di vita pieno di idee da sviluppare. È un viaggio introspettivo all’interno della sua mente, del suo cuore: conosciamo le sue debolezze, la voglia di uscire e camminare liberamente per le strade, la sua possibilità di evadere dal bunker solo ed esclusivamente di notte, e il fumo delle sue sigarette che riempiono le stanze senza finestre di quella che in fin dei conti è la prigione che lui stesso si è costruito.

Otto Gabos definisce Quaderno di disciplina una total novel, un’opera dove le sue linee si uniscono al racconto di Luigi Bernardi per creare qualcosa senza precedenti. 

Questa total novel, nonostante sia davvero molto gradevole da leggere, racconta solo una minima parte della storia. Narra di attimi appartenenti alle vite dei personaggi legate da un filo molto sottile, la loro voglia di continuare e andare avanti ancora nonostante le difficoltà.
Avrei letto molto volentieri un altro centinaio di pagine. 

Comunque consigliato, 

Parola di lettore.


giovedì 25 maggio 2017

Forse l'amore di Silvia Vecchini e Sualzo

Cari lettori,
oggi vi parlo della graphic-novel «Forse l’amore» inviatami dalla casa editrice Tunué
Forse l’amore vede la luce per la prima volta l’11 maggio di quest’anno ed è frutto della collaborazione tra la sceneggiatrice S. Vecchini e Sualzo. Penso proprio di non sbagliarmi a definirla «una poesia 2.0». 

Silvia Vecchini, classe ’75, è scrittrice di libri per ragazzi. Il suo «Fiato sospeso», illustrato anche questo da Sualzo, ha vinto i premi Carlo Boscarato 2012 e Orbil Balloon 2013.

Antonio Vincenti, in arte Sualzo, è un illustratore nato a Perugia nel 1969. Con Silvia Vecchini ha pubblicato «Fermo» per Bao Publishing e «Fiato sospeso».  
Forse l’amore è una sveglia che suona all’improvviso, è mettersi sempre la stessa maglietta che ti ha portato fortuna oppure cambiare di continuo per parlare con i colori che indossi

È una poesia che sembra essere scritta da qualcuno che si innamora per la prima volta e che non sa di preciso che cosa aspettarsi. Paragonandola ad una qualunque giornata di scuola, cerca di far luce sulle preoccupazioni che questa nuova sensazione provoca, e nel contempo, prova a spiegare al lettore quanto questa sia effettivamente bella. 

Quindi a cosa somiglia il primo amore? 
Concludo riportandovi una frase tratta dal retro del volume:
“A cosa somiglia la prima volta che ci si innamora? Un giorno qualunque sembra rispondere”.


domenica 14 maggio 2017

Karl Ove Knausgård travels through North America

Oggi voglio parlarvi di un racconto diverso da quello che viene affrontato solitamente all’interno di questo blog. Voglio infatti parlarvi del racconto di viaggio dell’autore norvegese Karl Ove Knausgård scritto per il quotidiano americano The New York Times con l’intenzione di narrare dal suo punto di vista di uomo europeo, le sensazioni e le emozioni provate dai Vichinghi al momento del loro sbarco in America. Il racconto è diviso in due parti, ne consiglio la lettura direttamente dal sito in quanto correlato dalle splendide immagini scattate dal fotografo Peter Van Agtmael. 


Karl Ove Knausgård è uno scrittore norvegese classe ‘68 divenuto famoso con il ciclo di sei romanzi autobiografici dal titolo “La mia lotta”. In Italia sono pubblicati da Feltrinelli i primi quattro volumi: La morte del padre, Un uomo innamorato, L’isola dell’infanzia e Ballando al buio. Questa estate dovrebbe uscire il quinto volume, intitolato La pioggia deve cadere. 

Peter Van Agtmael è un fotografo statunitense nato a Washington DC nel ’81. Ha pubblicato Disco Night Sept 11, uscito nel 2014, e Buzzing at the Sill, uscito lo scorso anno. Il primo è un progetto fotografico sull’America post 11 settembre, mentre il secondo riguarda l’America e le sue guerre. 

Karl Ove è in volo per Toronto e quando si ricorda di essere senza patente, ormai è troppo tardi per tornare indietro a rimediare. Al suo arrivo, non riesce a farsi spedire un certificato che attesta la sua abilità di guida e solo dopo qualche giorno, fortunatamente riesce a risolvere il problema. Incontra Peter, il fotografo che dovrebbe seguirlo lungo tutto il viaggio e con il quale lo scrittore troverà una particolare sintonia nonostante i due abbiamo caratteri molto diversi.

Partendo dalla capitale canadese e passando per Terranova e Labrador, Karl Ove in queste poche pagine finisce per raccontarci dell’incontro con un suo lontano parente, un certo Mark Haltoy, del quale ignorava l'esistenza.

Da grande estimatore dell’autore ho trovato questo testo leggermente sottotono. È ovviamente scritto bene, ti tiene attaccato al foglio dall’inizio alla fine, tuttavia una volta giunto alla fine mi sono sentito leggermente disorientato. 

Il finale non mi ha convinto del tutto in quanto avrei preferito una riflessione più approfondita dell’epoca di emigrazione norvegese, tuttavia è anche vero che l’autore stesso ammette di aver scoperto poco o niente dai suoi dieci giorni in America. Una cosa che lo scrittore riesce a far percepire magistralmente sono le atmosfere nelle quali si ritrova intrappolato: dalla stanza d’albergo al pub con la musica altissima. È una lettura frivola, sicuramente molto meno pesante della sua splendida esalogia autobiografica.

Parola di Lettore. 

Clicca qui per leggerlo: 
prima parte
seconda parte